6 Marzo 2018

Assicurazioni e relazione medico-paziente: qual è il nesso?

Assicurazioni e relazione medico-paziente: che rapporto c’è tra queste due cose apparentemente così diverse e distanti fra loro? Come mai anche se apparentemente diverse sono così interconnesse tra loro? E qual è la connessione esattamente? La connessione, in realtà, sta nell’aumento e nella causa reale dei contenziosi legali.

Già nel 1997, veniva pubblicato un articolo su JAMA, The Journal of the American Medical Association, in cui si affermava che “i pazienti decidono di fare causa al medico che li ha curati non tanto per “incompetenza o negligenza professionale, quanto per il modo in cui li ha trattati a livello interpersonale.“ (PHYSICIAN-PATIENT COMMUNICATION, The relationship with malpractice claims among primary care physicians and surgeons Levinson, D. L. Roter, J. P. Mullooly, T. Dull and R. M. Frankel, Department of Medicine, Oregon Health Sciences University, Portland, USA, JAMA 1997).

medico-legaleIn Italia la situazione è sostanzialmente analoga: dai dati ufficiali ANIA – Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, emerge che il numero di denunce per quanto riguarda i contenziosi medico-legali è salito da 9.567 nel 1994 a 29.543 nel 2007, con un aumento dei premi assicurativi da € 35.406.000 a € 453.000.000; il dato interessante è che due su tre di questi contenziosi sono stati causati da problemi di relazione e/o comunicazione.

Dopo quegli anni i contenziosi medico-legali sono diventati un vero e proprio business, molti avvocati hanno cominciato a rincorrere i pazienti per convincerli a fare causa ai medici e/o alle strutture sanitarie. Ecco perché preferisco riportare lo scenario al 2007. Anche perché in questo caso non è tanto importante soffermarci al dato numerico dell’aumento delle denunce o dei premi assicurativi, quanto alle cause.

Anni fa ho avuto il privilegio di assistere a una lezione del Preside di allora della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh, che ha raccontato un episodio della sua carriera di chirurgo in cui aveva commesso un errore in sala operatoria a causa del quale il paziente era morto. E, ancora con una certa commozione, ha raccontato come, grazie alla qualità della relazione che aveva con il paziente e con i suoi familiari, aveva potuto parlare con i familiari del defunto, aveva ammesso il suo errore e non era stato denunciato. Parliamo di un Paese come gli Stati Uniti dove tendenzialmente potresti essere denunciato anche se per sbaglio pesti un piede a qualcuno!

Mi è capitato anche di conoscere medici che, prima della Legge Gelli (Legge 8 marzo 2017 n. 24, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie), entrata in vigore il 1° Aprile 2017, non avevano assicurazioni e non avevano mai avuto denunce da parte dei loro pazienti, proprio perché abituati a costruire relazioni di qualità con i loro pazienti.

Oggi la situazione è un po’ cambiata, perché la legge ha reso “obbligatoria” l’assicurazione in ambito medico. Ma, al di là di ogni interpretazione e sfaccettatura della Legge, sia dal punto di vista dei medici, sia da quello dei pazienti, delle assicurazioni e dal punto di vista giuridico, quando è entrata in vigore la legge Gelli, nei vari dibattiti a cui sono intervenute le varie parti in causa, Margherita De Bac, giornalista del Corriere della Sera, che scrive di sanità, medicina e bioetica, ha chiuso uno dei suoi interventi dicendo sostanzialmente che comunque se la relazione medico-paziente funziona, tutti gli altri problemi non ci sono proprio. E i dati ANIA in qualche modo confermano questa visione.

A questo punto mi chiedo (e ti chiedo), se è vero che i due terzi dei contenziosi legali sono dovuti a problemi di relazione e/o comunicazione, che i pazienti fanno più volentieri causa al medico se non si sono sentiti ascoltati, compresi, ecc., che i medici che riescono a costruire relazioni migliori e più funzionali con i pazienti non hanno (o hanno molto meno) contenziosi medico-legali, è possibile che formare i medici, insegnare loro quelle competenze che non necessariamente hanno come dote naturale, oltre a migliorare la qualità e la soddisfazione del loro lavoro, del processo di cura dei pazienti, il loro “engagement”, la compliance e la loro soddisfazione e, quindi, i risultati, come già dimostrato da vari studi in merito, migliorerebbe anche l’aspetto economico a 360° aumentando le diagnosi corrette, diminuendo gli errori in sanità, e/o diminuendo il numero di denunce in caso di errore? E’ possibile che un circolo apparentemente vizioso possa trasformarsi in un’opportunità “win-win”, dove TUTTE le parti coinvolte possano trarre un beneficio? Dai medici, ai pazienti, alle strutture sanitarie, alle società di assicurazioni, al Sistema Sanitario Nazionale…

Mi rendo conto che potrebbero sembrare domande o riflessioni semplici, banali. Ma, storicamente, a volte sono state le domande semplici che fino a quel momento nessuno si era posto e/o nessuno aveva ascoltato con la giusta attenzione, che hanno portato a risposte e soluzioni efficienti ed efficaci.

Tu che ne pensi? Se vuoi scrivi la tua opinione sotto al post di questo articolo sulla mia pagina Facebook.

Grazie.

Emanuela

 

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