12 Settembre 2022

Rapporto medico-paziente: l’effetto placebo della comunicazione

Parto con una citazione del Prof. Fabrizio Benedetti, professore di Neuroscienze all’Università di Torino che ho già riportato nel mio articolo Parole che curano ed empatia: psicologia o neurobiologia?

…accanto agli effetti positivi del placebo si possono registrare anche effetti negativi (effetto nocebo). Questo può accadere quando la comunicazione è frettolosa è eccessivamente ambigua e carica di suggestioni negative che nel cervello del paziente si traducono in una sensazione di minaccia per la propria salute.“
(Nature Medicine 2011 / Prof. Fabrizio Benedetti / Univ. Torino / Istituto Nazionale Neuroscienze).

Perché voglio partire da qui? Perché il Prof. Benedetti è uno dei maggiori esperi al mondo di effetto placebo e perché ha dimostrato con studi scientifici l’impatto, positivo o negativo, che la comunicazione può avere sui pazienti.  Nel caso della comunicazione che precede la somministrazione di una terapia lui la definisce persino “rituale” che, in base a COME viene svolto, genera risultati diversi, attivando e coinvolgendo parti diverse del cervello.

Che cos’è realmente l’effetto placebo e come si genera?

Il termine placebo viene dal latino e, nello specifico, dalla prima persona singolare del verbo piacere, ovvero, piacerò.
In ambito medico per placebo di intende una preparazione farmacologica senza principi attivi specifici che viene somministrata come se li avesse.

Gli effetti placebo sono gli effetti psico-neuro-bio-comportamentali derivanti dalla percezione, interpretazione e risposta del paziente a un contesto terapeutico (psicosociale e ambientale). Possono essere incidentali/casuali oppure volutamente determinati e si producono attraverso 3 meccanismi:

  • condizionamento
  • aumento delle aspettative
  • riduzione di stress e ansia

Oltre ai meccanismi per produrre gli effetti placebo, è interessante vedere insieme quali sono i fattori determinanti, cioè, quei fattori che li influenzano in maniera sostanziale:

  • i fattori ambientali
  • i fattori individuali del paziente e del professionista
  • l’interazione e la comunicazione tra il professionista sanitario e il paziente
  • il processo di assistenza
  • la natura della malattia

I fattori ambientali hanno a che fare con tutto ciò che è l’ambiente fisico, più o meno accogliente,  la luminosità, i colori, gli spazi, i materiali, i rumori, le sedute della sala d’attesa… ma anche i fattori ambientali esterni relativi al tempo atmosferico;

I fattori individuali che riguardano sia il paziente che il medico / professionista sanitario, ovvero, fattori soggettivi collegati ad altre situazioni che influenzano l’umore, il modo di dare significati e/o di prendere decisioni… di ogni essere umano.

L’interazione e la comunicazione tra il medico / professionista sanitario e il paziente perché è lì che si crea (o non si crea) la fiducia necessaria nella costruzione del rapporto medico-paziente e dell’alleanza terapeutica;

Il processo di assistenza che inizia molto prima della visita medica; inizia quando il paziente varca la soglia dell’ospedale, della clinica o dello studio medico o, ancor prima, quando entra nel parcheggio (quando c’è) della struttura o, ancor prima, quando il paziente o un suo familiare o un caregiver chiama al telefono per prendere l’appuntamento o quando l’ambulanza arriva al Pronto Soccorso…
Quindi nel fattore riguardante il processo di assistenza sono coinvolti tutti gli attori, non soltanto il medico. E, in virtù del fatto che in comunicazione esiste un presupposto che dice: “Il significato di un messaggio è dato dalla reazione che suscita”, non è sufficiente ascoltare o accogliere o comprendere o presumere di farlo; è necessario dimostrarlo al diretto interessato affinché si senta ascoltato, accolto o compreso. Ogni piccolo gesto, fatto o non fatto, ogni singola parola,  in base a COME viene detta, può fare la differenza e la fa.

La natura della malattia certamente ha un peso sui possibili effetti placebo o nocebo, anche per quanto riguarda quelli della comunicazione. E’ altrettanto vero che, anche di fronte a diagnosi infauste non tutti reagiscono allo stesso modo.
Uno studio (Lipowski, cit. in PsicOncologia. Basi biologiche, aspetti clinici e approcci terapeutici di R. Torta e  A. Mussa, Centro Scientifico Ed. Torino, 1997), infatti,  ha rilevato che i pazienti attribuiscono significati diversi:

  • Malattia intesa come senso di punizione
  • Nemico contro cui combattere
  • Perdita della propria identità sessuale e del proprio ruolo professionale, familiare e sociale
  • Valore e possibilità di crescita personale
  • Sfida rivolta alle proprie risorse mentali
  • Sollievo in pazienti che avevano già ridotto le aspettative nei confronti della vita
  • Debolezza dell’organismo

In sintesi, gli elementi condizionanti strettamente collegati alle persone coinvolte, nel bene o nel male, come abbiamo visto, sono: la percezione del paziente e i significati che attribuisce alla situazione personale che si trova a vivere e a quello che vede e ascolta intorno a sé, le convinzioni, le speranze e le aspettative preesistenti sia del paziente che del medico, e lo sviluppo della fiducia.

Su tutti questi elementi la comunicazione può avere e ha un potere enorme per costruire quel rapporto medico-paziente che supporti il paziente, lo “empowerizzi” (chiedo scusa per il vocabolo inventato ma efficace) aumentando la sua capacità di affrontare la sua malattia con coraggio e speranza, prendendolo per mano e accompagnandolo nel suo viaggio, anche quando la destinazione non può essere la guarigione.

A proposito dell’effetto placebo o nocebo della comunicazione, Sigmund Freud disse:

Attraverso le parole ognuno di noi può dare
a qualcun altro la massima felicità
oppure portarlo alla totale disperazione…
Le parole suscitano emozioni e sono il mezzo
con cui generalmente influenziamo i nostri simili.

Grazie,

Emanuela

 

 

 

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