20 Marzo 2019

Successo e fallimento, quasi amici

Che rapporto hai (o hai avuto) con i tuoi fallimenti?

Ho iniziato questo articolo con questa domanda perché sono stata la settimana scorsa a un seminario organizzato da AIF Lazio – Associazione Italiana Formatori e condotto da Fulvio Sperduto, fondatore di Talento Dinamico, società di formazione e consulenza, e Presidente di AIF Lombardia. Il tema, appunto, era Il magico potere del fallimento, titolo del libro di Charles Pépin, filosofo francese.

Perché voglio parlarne? Perché avevo già letto il libro che ho trovato illuminante sia dal punto di vista personale che professionale.

Dal punto di vista personale mi ha aiutato a guardare i miei fallimenti di nuovo sì, ma in una prospettiva diversa, aiutandomi ad avere l’onestà di chiamarli per nome di più e meglio di quanto non avessi fatto finora; dal punto di vista professionale per come viene trattato il tema del fallimento da vari punti di vista: filosofico, storico, psicologico e oserei dire anche antropologico e sociologico, ma con due caratteristiche di fondo: la concretezza e la semplicità che, a mio parere, per chi, come me, si occupa di formazione sono caratteristiche fondamentali.

fulvio-sperduto-aif-seminario-fallimentoEd è la stessa concretezza e semplicità che ho apprezzato del seminario: non è stata una presentazione del libro e/o delle sue tematiche, ma una vera e propria esperienza per i partecipanti, quel tipo di esperienza che dà senso al termine formazione, che etimologicamente significa dare forma a qualcosa, in questo caso, a una nuova consapevolezza su di sé e sul proprio rapporto con i propri fallimenti, aiutando le persone a imparare piuttosto che a insegnare loro qualcosa, prendendo in prestito le parole di Sir John Withmore a proposito del coaching. Del resto, molto tempo prima, nelle parole di Socrate troviamo:

“L’insegnante mediocre racconta. Il bravo insegnante spiega.
L’insegnante eccellente dimostra. Il maestro ispira”

e, aggiungo io, genera nuove domande, nuove consapevolezze e trasformazione.

Ma se parliamo di fallimento cosa c’entra il successo?

Perché nelle storie vere di successo di persone reali successo e fallimento da antitetici, diversi, in conflitto… sono in realtà “quasi amici”, necessari e complementari l’uno all’altro. In quest’ottica, quindi, il fallimento diventa paradossalmente un passaggio obbligato per ottenere il successo. Più che amici… dei veri e propri alleati, dove l’uno senza l’altro non esistono e non sussistono. Le storie vere di successo di persone reali, infatti, hanno proprio questo in comune: sono il risultato e la conseguenza di storie di insuccessi che hanno preceduto il successo.

Quindi… dov’è la differenza che fa la differenza?

La differenza sta proprio in come guardiamo, come viviamo l’esperienza del fallimento. Quanto siamo disposti a metterci in discussione, a imparare, rialzarci e correggere il tiro. E mi viene spontaneo aggiungere, quanto siamo motivati per volerne fare occasione di apprendimento, riuscire a stringere i denti, rialzarci e andare avanti.

Già, perché la motivazione gioca un ruolo fondamentale. In precedenti articoli ho parlato dell’importanza del Grande Perché di ciascuno di noi e della curiosità per avere successo. Viktor Frankl in L’uomo in cerca di senso diceva che “la principale preoccupazione dell’uomo non è raggiungere il piacere o evitare le sofferenze ma piuttosto dare un significato alla propria vita“. Mutatis mutandis… io dico che nessun essere umano ha bisogno del successo a tutti i costi, questo è quello che ci hanno fatto credere, ma di un forte e profondo senso, un forte e profondo significato che genera motivazione anzi, ancor meglio, automotivazione.

E sono proprio questo senso, questo significato, quest’automotivazione che accendono, riaccendono o mantengono accesa la nostra scintilla, che ci dà un buon motivo e la forza per andare avanti, per fare nuovi tentativi per progredire ogni giorno, aggiungendo un pezzetto al nostro puzzle… disposti a passare attraverso il caos per partorire la nostra stella danzante, per diventare semplicemente chi siamo e la straordinaria persona che siamo destinati a essere.

Avendo scritto un libro di Life Coaching sul tema, Destinazione Te Stesso, e svolgendo la professione di formatrice e di coach, naturalmente sono sensibile e affezionata all’argomento. Ecco perché durante il seminario, quando ci è stato chiesto di scegliere una frase o una pagina del libro di Pépin, io ho scelto questa:

“Quando suonate una nota,
solo la successiva permetterà di dire
se sia stata giusta o sbagliata”.

La usava Miles Davis con i suoi musicisti quando temevano di sbagliare; è legata al fattore tempo, all’imparare a NON fermare la musica sulla “nota sbagliata” senza darle la possibilità di prendere il suo posto nella musica e nella storia nel suo divenire.

Perché come diceva Walt Disney:

“Puoi non capirlo quando sta succedendo,
ma ricevere un calcio sui denti potrebbe essere
la cosa migliore del mondo.”

Questo non vuol dire che di fronte a un fallimento stappiamo lo champagne. Cadere fa male. Urca se fa male! E ci sta che ti arrabbi, che resti deluso, che vivi la fase del down… è quello che scegli di far accadere dopo che fa la differenza.

Grazie

Emanuela

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