11 Gennaio 2021

Il potere delle parole: vaccino “contro” il COVID-19 o “per” qualcosa?

Alla fine degli anni ’90 lo scienziato giapponese Masaru Emoto ha fatto degli esperimenti sull’acqua ghiacciata; l’ha esaminata e fotografata  al microscopio, constatando che le forme dei cristalli d’acqua variavano in base alle parole e ai suoni. L’acqua sottoposta alle vibrazioni di parole e pensieri positivi formava cristalli bellissimi, l’acqua sottoposta alle vibrazioni di parole e pensieri negativi reagiva creando forme prive di armonia. L’energia sottile di cui l’acqua può registrare la vibrazione nella cultura giapponese si chiama Hado.

L’esperimento è stato anche contestato per metodologie non scientifiche. Questo però non cancella ciò che è stato ormai dimostrato e affermato in altri ambiti, dalle neuroscienze alla fisica quantistica: le parole che usiamo, o che usano le persone intorno a noi, hanno un effetto su ognuno di noi.

Ora tu potresti domandarmi o domandarti:

Che c’entrano gli esperimenti
sull’acqua ghiacciata di Masaru Emoto
con il vaccino anti-COVID?
E perché la domanda sul titolo:
Vaccino “contro” il COVID-19 o “per” qualcosa?

È passato quasi un anno da quando abbiamo iniziato a vivere l’esperienza del lockdown a causa del COVID-19, da quando abbiamo cominciato a leggere, ascoltare, vedere, vivere contemporaneamente la pandemia e l’infodemia che si stavano diffondendo, entrambi, in tutto il mondo.

È quasi un anno che sentiamo, diciamo, scriviamo e leggiamo tante parole, alcune nuove, tra le quali molte a sfondo bellico: guerra, trincea, eroi, nemico invisibile, isolamento, task force, zona rossa, combattere, coprifuoco, resistenza, guerra, mascherine come munizioni… e ora, da qualche mese, ovunque si parla di vaccino anti-COVID e/o contro il COVID.

In un’intervista su repubblica del 14 maggio scorso Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, ha affermato che la lingua sembra a volte secondaria, eppure lega vari temi di sostanza, ha implicazioni filosofiche e giuridiche.

E non solo, aggiungo io. Le parole che usiamo hanno implicazioni psicologiche, emotive e, conseguentemente, comportamentali.

Che tipo di emozioni/energia possono generare
parole come guerra, trincea, coprifuoco…
e tutte quelle sopracitate?

Oltre a ciò, da qualche mese, ovunque si parla di vaccino anti-COVID e/o contro il COVID. E, nella maggior parte dei casi, c’è solo questo. Niente altro.

Giornali, telegiornali, trasmissioni varie radiofoniche e televisive, i social… ovunque troviamo questo tipo di espressioni; per fortuna alcuni medici e infermieri sui loro rispettivi social hanno scritto cose come “mi vaccino per la qualità della vita”, “l’ho scelto per me, per il lavoro che faccio, per le persone che frequento, per le molte persone che curo, per essere nel mio piccolo di esempio per gli altri, e… per iniziare a sperare in una futura libertà”.

Quanti motivi diversi per andare verso qualcosa! Quando frequentavo le medie avevo una preside che insisteva tanto sulla differenza tra il pensare di essere liberi da qualcosa o per qualcosa.

In Programmazione Neurolinguistica  i metaprogrammi, che hanno origine nel lavoro di Jung esposto nel libro “Tipi psicologici” del 1923, definiscono gli schemi ricorrenti nelle strategie, negli stili di pensiero delle persone. Indicano come pensiamo, come viviamo le nostre esperienze, come proviamo emozioni, su cosa poniamo attenzione e come prendiamo decisioni. Influenzano le nostre rappresentazioni interne e i nostri comportamenti.
Per quanto riguarda l’approccio ai problemi ci sono i metaprogrammi di direzione, “Via da” e “Verso”, che distinguono la tendenza ad “allontanarsi” da un problema, da una minaccia, un dolore (Via da) e quella di andare verso qualcosa, un obiettivo, un desiderio, un risultato. Da una parte prevale il senso di evitamento di situazioni negative caratterizzato dalla reattività, dall’altra la voglia di raggiungere, ottenere risultati caratterizzata dalla proattività.
Non che uno sia necessariamente migliore dell’altro se parliamo in termini di leve motivazionali perché dipende dalla singola persona, ma vale la domanda precedente:

Che tipo di emozioni/energia
generano certe espressioni?
Su cosa ci vogliamo focalizzare?
Solo su ciò che vogliamo combattere, evitare
o su quello che vogliamo raggiungere, costruire?

Gandhi diceva:

Mantieni i tuoi pensieri positivi, perché i tuoi pensieri diventano parole.
Mantieni le tue parole positive, perché le tue parole diventano i tuoi comportamenti.
Mantieni i tuoi comportamenti positivi, perché i tuoi comportamenti diventano le tue abitudini.
Mantieni le tue abitudini positive, perché le tue abitudini diventano i tuoi valori.
Mantieni i tuoi valori positivi, perché i tuoi valori diventano il tuo destino.

Personalmente credo che generare speranza, fiducia e coraggio sia più funzionale rispetto a generare paura o rabbia. Posso capire che la variabile funzionale è data dall’obiettivo che mi pongo.

Potrebbe essere una buona idea almeno usarle entrambi, sei d’accordo?

Grazie

Emanuela

Condividi

Altri articoli